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Museo del tabacco di Carpanè San Nazario

tabacco 04 IL MUSEO DEL TABACCO Carpanè di San Nazario

Orario di apertura al pubblico:
sabato e domenica, ore 15-18 Visita gruppi su prenotazione, in orario d'ufficio
Fino a non molto tempo fa (attorno al 1960), i ripidi versanti della Valbrenta, sistemati a terrazzi, erano coltivati a tabacco: ben 20 milioni di piante ogni anno, sorvegliate con occhio acuto dai verificatori e dalle guardie di finanza dello Stato.


La coltivazione del tabacco si diffuse in Europa solo dopo il 1560; quando e come sia arrivato nel Canale di Brenta la pianta del tabacco non è storicamente documentabile. Si dice che, tra la metà e la fine del sedicesimo secolo, un monaco benedettino avrebbe portato con sé. nel convento di Campese. alcuni semi della pianta del tabacco, pianta allora denominata Erba del Gran Priore” o Erba Santa” (per la polvere starnutatoria che se ne poteva ricavare). Gli abitanti della destra Brenta e dei Sette Comuni iniziarono così, nella nostra zona, una nuova coltura.
Con il diffondersi dell’uso del tabacco la Repubblica di Venezia, fiutatane l’importanza commerciale, impose sul tabacco un dazio sull’importazione e un decreto del 1654 ne vietò la semina, l’impianto, la vendita privata.
Fino al 1702, basandosi sugli antichi loro privilegi, guadagnati nella difesa dei confini dello stato veneziano, i nostri paesi poterono comunque continuare la coltivazione che anzi andò espandendosi sempre più. La coltivazione del tabacco andò così a sostituire l’originaria coltivazione estensiva di canevo o canapa, insieme ai gelsi, al granoturco e al miglio. Un decreto del 1703 ed altri successivi della Serenissima proibirono tassativamente la coltivazione del tabacco.
Nel 1760 Venezia decise di far cessare l'abuso e mandò nei paesi del Canale un ispettore con l'incarico di eliminare tutte le coltivazioni di tabacco. Presso Bassano un montanaro attentò alla vita del funzionario della Serenissima, ma questi si salvò ed eseguì scrupolosamente l'incarico dato. Malgrado ciò la coltivazione riprese e tra il 1763 e il 1796 furono stipulati ben tre contratti sulla lavorazione del tabacco tra i rappresentanti della Repubblica ed i Comuni di Valstagna, Oliero, Campolongo e Campese. Severe punizioni erano previste contro chi avesse tentato il contrabbando.
L’Austria (1797-1805), succeduta al dominio veneziano, confermò i privilegi già goduti, compresa la coltivazione del tabacco (1800).
tabacco 01 Durante il napoleonico Regno d’Italia (1806-1813) regolava la coltivazione del tabacco un decreto emanato il 23 luglio 1811, ispirato da Antonio Maria Valente.
Tornata l’Austria (1813-1866), con decreto del 22 gen¬naio 1815, ebbero concessione di coltivare anche i paesi della sinistra Brenta, Cismon, Carpané, San Nazario e Solagna, concessione supportata da “imprestanza” (sovvenzione) confermata, nel 1817, da Francesco I d’Austria, di passag¬gio da queste parti. San Nazario immortalò la grazia regale con una lapide che fa bella mostra di sé nel piazzale della chie¬sa.
L’Austria si serviva dei tabacchi del Canal di Brenta per la fabbricazione dei “rapati” e della “polvere da fiuto”.
Alle primitive “grazie” successero “restrizioni” varie. Il governo austriaco, in considerazione dell’abbondanza di tabacco prodotto, avviava una campagna ostruzionistica contro il “Nostrano del Brenta” dimezzando, fin dal 1819, il prezzo del tabacco, alterando le regole di consegna, provo¬cando tra i valligiani malessere e propensione al contrab¬bando.
Senza i proventi del tabacco, la Valle sarebbe ripiomba¬ta nella miseria più nera. Ecco allora una nuova grazia imperiale: il privilegio della coltivazione veniva confermato il 26 aprile 1824 a tempo indeterminato, con la concessione, una tantum, di un lauto contributo per ovviare ai danni patiti nelle annate precedenti.
In seguito alla prima guerra d'indipendenza (1848-1849), l’Austria sospese il privilegio per la coltivazione del tabacco, trasformandolo in semplice sovrana concessione, perché i Canaloti avevano partecipato con fervore patriottico ai moti per l’indipendenza d’Italia. Per quanto riguarda la coltivazione del tabacco, in Vallata tutto continuò come prima.
tabacco 02 Con l’annessione al Regno d’Italia (1866), i contratti con il Monopolio favorirono la coltivazione dell’Avanone (tra le varietà di tabacco - Cuchetto, Avanetta, Avanone e Campesano - era la più combustibile e adatta quindi al mutato uso del tabacco, che dal fiuto era passato al fumo). Anche il sistema di addebito per la consegna del tabacco, un tempo a peso, fu cambiato introducendo il conteggio del numero delle foglie (solo tra il 1954 e il '55 si sarebbe passati dall’addebito a piante ad un addebito a superficie e quindi a peso).
“La coltivazione dl tabacco - scrive in un documento dell’epoca Andrea Secco, presidente del Consorzio agrario di Bassano - è l’unica di questi paesi; è la sola che tiene stentatamente in vita circa 16.000 persone; e le derrate tutte che sono indispensabili alla vita, i coltivatori di tabacco devono comperarsele a denaro fuori della vallata. Si aggiunga a ciò la circostanza che la grande maggioranza dei coltivatori è obbligata a comperare tali derrate a credito per poi pagarle in capo all’anno col ricavato del tabacco che consegna alla Regia”.
Alla fine dell’Ottocento, all’occupazione sempre molto precaria della popolazione del Canal di Brenta, corrisponde un aumento demografico in continua crescita. Assistiamo così, tra il 1870 e 1880, ad un massiccio esodo della nostra popolazione verso terre lontane, in Europa e Oltreoceano. A spingere tanta gente a lasciare la propria terra sono le dure condizioni di vita, la mancanza di lavoro, è il trattamento ingiusto e insopportabile riservato a chi è costretto a coltivare il tabacco, assoggettandosi a norme fiscali e pesantemente vessatorie da parte della Regia dei Tabacchi, cioè il Monopolio dello Stato. Tra la fine dell'ottocento e gli inizi del novecento, a causa della fiscalità governativa e di chi era addetto all’applicazione delle relative disposizioni, il contrabbando si fece più acuto.
Dal 1924 una nuova disciplina regolamentava la coltivazione del tabacco attraverso concessioni speciali (su una parte del comune di Bassano e Pove) e concessioni di manifesto, (nei comuni del Canale di Brenta); in quest'ultimo caso il prodotto doveva essere consegnato esclusivamente al magazzino dell’agenzia di Carpané. I coltivatori dovevano sottostare ad alcune tasse e a numerose prescrizioni. Una serie di norme dovevano essere rispettate rigorosamente per non incorrere in sanzioni, sempre gravose e temute per le condizioni economiche della gente valligiana, povera ed indigente. Nel 1939 con il “Consorzio tabacchicoltori - Bassano del Grappa” si costituì un’associazione tra i contadini stessi di tabacco 03 Pove e di Campese (Bassano) che godevano della concessione speciale. La consegna e quindi la vendita del prodotto in colli vennero effettuate fino al 1970 esclusivamente con lo Stato. Dopo tale data, la vendita del tabacco venne liberalizzata: ogni coltivatore, a propria discrezione, poteva effettuarlo con il Monopolio o con altri Enti. Dal 1970 quasi tutti i contadini con concessione di Manifesto aderirono alla Cooperativa Tabacchicoltori di Bassano del Grappa.
Tra concessione speciale e concessione di manifesto esisteva una differenza sostanziale, che penalizzava incomprensibilmente quest’ultima e in definitiva i coltivatori del Canale di Brenta, già di per sé svantaggiati per altre condizioni gravose e difficili, non solo di carattere socio-economico, ma anche per la natura fisica del territorio più aspro. Così mentre il Consorzio tabacchicoltori di Campese diventava sempre più fiorente, I’Agenzia di Carpané (costruita nel 1957 e costata la spesa inverosimile di un miliardo) cominciava a languire e diventava sempre più inattiva. Nei primi anni Sessanta il flagello della Peronospora del tabacco devastò tutte le coltivazioni.
A partire dagli anni settanta, i coltivatori della valle, stanchi di tante fatiche e di tanti soprusi, cominciavano già ad abbandonare definitivamente una coltura durata quasi quattro secoli, trovando impiego nell’industria.
Per un certo periodo rimase ancora un introito complementare, occupando prevalentemente pochi anziani e quanti erano ancora attaccati a questa coltura tradizionale, fino a cessare praticamente del tutto sul finire degli anni Ottanta.

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a cura di Michele Bortignon
responsabile dell’area tecnico-programmatoria della Comunità montana del Brenta

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