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Gen. B. Nicolò Alberto marchese ing. GAVOTTI Cav. O.M.S .

gavotti Nicolò Alberto GAVOTTI, patrizio genovese, nobile  savonese, marchese, nacque a GENOVA 1'8 marzo 1875 da Giuseppe, Ammiraglio della Regia Marina, e da Anna Laura VIVALDI PASQUA dei duchi di S. GIOVANNI.

Ha sposato Adelia dei conti DI BROGLIO ed ha avuto sei figli. E' morto in ALBISOLA SUPERIORE nel palazzo avito il giorno 11 agosto 1950. A 22 anni era già laureato in Ingegneria Civile ed Elettrotecnica. Promosse industrie nella sua GENOVA e nella provincia di SAVONA. Fu uno dei principali collaboratori in quell'opera ciclopica, l'Acquedotto Pugliese, che attraversando l'Italia con opere in galleria, in trincea, su viadotti, porta l'acqua all'assetata PUGLIA.

L'entrata in guerra dell'Italia nel 1915 lo vide partire Ufficiale di complemento volontario, ritenendo Egli che ciò, per Lui, figlio di un soldato, fosse un mandato .
Ufficiale del Genio, lasciò dovunque i segni del suo valore e della sua fattiva genialità. Sul monte SABOTINO prima, poi sui monti VODICE, KUK e SAN GABRIELE, Egli, benché ufficiale di complemento, riuscì, a far prevalere il suo concetto delle fortificazioni in caverna nella difesa - ma con riferimento a quel settore del fronte ed a quel periodo delle operazioni - soprattutto nell'offesa, in luogo dell'allora prevalente criterio di effettuare trincee e camminamenti scoperti e vulnerabilissimi dalle artiglierie avversarie, trincee che qualche volta si arrestavano a più di un chilometro dalla linea nemica. Nelle sue memorie Egli dice giustamente: "i nostri attacchi (1915-1916) contro le ben fortificate posizioni austriache di montagna non avevano una base di partenza sicura; la nostra prima linea era costituita di solito da trincee realizzate con uno scavo poco profondo, completate da muretti in rialzo e non davano riparo contro le artiglierie avversarie, cosicché i reparti destinati all 'assalto dovevano iniziare l'azione dopo aver subito ingenti perdite. I rincalzi, ammassati in terreno scoperto dietro le prime linee, dovevano procedere in zone completamente vedute e battute dal nemico e spesso non riuscivano, a causa delle perdite a raggiungere le truppe cui dovevano portare rinforzo.

Nella prima fase degli assalti al SABOTINO i fanti dovevano fare, sotto il fuoco nemico ed allo scoperto, su terreno in salita ed a fondo sassoso, il chilometro che li separava dalle posizioni nemiche che, ben costruite e protette, erano state appena sfiorate dalle nostre artiglierie." Costruendo ricoveri in caverna per le truppe, con accessi in galleria o con camminamenti profondi, le fanterie, al riparo dal tiro nemico, avevano la possibilità di rimanere immuni dalle azioni di contropreparazione dell'avversario e di uscire allo scoperto solo al momento dell'attacco, a pochi metri dalla posizione da conquistare e con un ottimo rendimento nello slancio dell'assalto. Così pure le postazioni delle artiglierie operanti in appoggio alla fanteria, realizzate in faccia alla linea avversaria, ma con cannoniere
in caverna e nidi di mitragliatrici pur essi in caverna, con accessi in galleria dalle spalle del monte, potevano, con tiro diretto, portare il maggior danno con poco rischio di essere colpite.

Con quei concetti ed applicando quelle idee, l'allora capitano GAVOTTI riuscì a cambiare l'andamento della guerra nel settore dell'alto Isonzo, affrontando di persona con i suoi uomini il rischio maggiore nella preparazione di quelle opere, poiché la loro costruzione avveniva sempre davanti alle vedette italiane, nella
terra di nessuno, senza alcuna difesa all'infuori del proprio ardire.

IL SABOTINO:
Nell'agosto 1916, dopo due mesi di preparazione, venne conquistato il SABOTINO. Sul SABOTINO, sotto il tiro nemico, fu costruito, dal Gruppo comandato dal Capitano GAVOTTI, uno dei più grandi apprestamenti offensivi della guerra 1915-1918: quello delle 42 postazioni in caverna per pezzi da 105 per l'attacco al VODICE.

Il Comandante della 2" Armata, Generale CAPPELLO, che aveva approvato il piano propostogli dal Cap. GAVOTTI, gli concesse 40 giorni di tempo per realizzare quel grande lavoro.


IL PONTE PRIULA:
Nel doloroso ripiegamento susseguente allo sfondamento delle linee italiane operato dagli Austro-Tedeschi nell'ottobre del 1917, il Ten. Colonnello Nicolò GAVOTTI si aggregò, con il suo Gruppo, alla 3" Armata che si ritirava in ordine verso il PIAVE e su questo fiume, diventato sacro per gli italiani, ebbe affidata la difesa del PONTE PRIULA, l'ultimo ponte, che dallo stesso Ten. Colonnello GAVOTTI, venne fatto saltare .

IL GRAPPA:
Ma l'impresa più grande, quella che doveva dargli la maggior gloria e la più grande personale soddisfazione, fu la trasformazione del massiccio del GRAPPA nel baluardo contro cui nel giugno 1918 si infranse l'immane sforzo dell'AUSTRIA che si riprometteva, secondo le parole dette dal Capo di S.M. Generale dell'Esercito austriaco, Generale von ARZ, di giungere con l'operazione sino all'ADIGE e provocare lo sfacelo militare dell'ITALIA.

Il Maresciallo CONRAD, comandante del Gruppo di Esercito del TRENTINO e incaricato delle operazioni sugli altipiani del GRAPPA, concludeva un discorso ai suoi Ufficiali Generali dicendo che la posizione dell'Esercito Italiano sul GRAPPA era "quella di un naufrago aggrappato con le mani ad una tavola di salvataggio e che sarebbe stato sufficiente mozzargli le dita con un colpo d'ascia per farlo sprofondare nei flutti ."

Il GRAPPA era, infatti, l'ultima posizione di montagna in possesso degli italiani: dopo di essa la PIANURA VENETA si apriva libera sino al mare ed al PO. La conquista del GRAPPA avrebbe consentito al nemico di prendere alle spalle l'Armata del PIAVE ed avrebbè significato l'invasione del VENETO e della pianura sino al PO ed al MINCIO.

Il massiccio del GRAPPA visto dall'alto ha la forma di una stella a cinque punte: è compreso fra le grandi incisioni scavate dal PIAVE ad est e dal BRENTA ad ovest le quali, a nord, sono congiunte dalla fossa geologica ARSIE' - FELTRE. A sud vi è la PIANURA VENETA sino al mare di VENEZIA ed al PO. I raggi della stella sono altrettanti contrafforti che, dalla zona allungata della parte più alta del massiccio, degradano dolcemente prima, poi rapidamente, sino ai monti TOMBA e FENER sul PIAVE, sino al COL MOSCHIN, al COL DEL MIGLIO ed al COL CAPRILE sul BRENTA, con i monti PERTICA, PRASSOLAN, SOLAROLO e FONTANASECCA verso SEREN DEL GRAPPA e FELTRE.

La cresta del massiccio si estende per oltre due chilometri da sud a nord, con scarse differenze di quota. Sul lato nord si allarga per circa 700 m formando la base di un triangolo la cui zona di vertice, a circa metà della lunghezza in cresta, si riduce ad un trentina di metri, per poi estendersi nuovamente a sud.
Lo sperone formato dal triangolo nord strapiomba sulle valli di CESILLA, di STIZZONE, dei LEBI, delle MURE, che separano i contrafforti già detti, sovrastandoli e formando un potente bastione con pareti a piçco. Per la sua forma i soldati lo battezzarono "La Nave" e, invero, quando la montagna fu munita delle sue cento e
più cannoniere, divenne veramente simile ad un vascello corazzato contro cui si infrangevano le ondate nemiche.

Dopo i sanguinosi scontri del novembre e del dicembre 1917 il nemico era riuscito a risalire i contrafforti nord del massiccio di cui aveva occupata più della metà. Nelle mani italiane era rimasta tutta la parte più alta del GRAPPA e le nostre linee SI attestavano sul COL MOSCHIN, sui monti PERTICA, ASOLONE, ROCCOLO di CA'  TASSON e sul SOLAROLO.

La posizione del monte PERTICA apriva la via per la vetta del massiccio, quella di COL MOSCHlN e quella dell'ASOLONE davano la possibilità di aggirare la montagna scendendo sull'unica strada valida che serviva la zona di vetta. Fu in questa situazione che ai primi del dicembre 1917 le unità comandate dal Ten.Col. GAVOTTI, che ormai avevano assunto il nome, riconosciuto dai Comandi, di "Gruppo GAVOTTl", salirono sul GRAPPA con un programma ben definito nella testa del loro Comandante. Tale programma non aveva trovato l'approvazione del Comando del Genio di Corpo d'Armata, il quale, forse preoccupato dal fattore tempo, voleva dedicare ogni sforzo alla costruzione di una fascia di capisaldi raccordati da reticolati e linee di trincee in cresta. il Comandante GAVOTTl, ben memore dei successi ottenuti con i suoi concetti sul SABO'TINO, sul VO'DICE, sul KUK e sul S. GABRIELE, non si era arreso a queste direttive e sottopose il piano al Comandante del Corpo d'Armata da cui il suo Gruppo dipendeva come unità combattente. Avuto da questi il primo appoggio ed il primo incoraggiamento, il Ten. Col. GAVOTTI si recò al Comando Supremo ad ABANO dove sottopose i suoi piani al Sotto capo di S.M. Generale P. BADOGLIO il quale, ben memore, anche lui, dei successi ottenuti dal GAVO'TTI sul fronte dell'ISONZO, dette la sua approvazione incondizionata e gli ordini relativi.

Con quella idea, in sostanza, il Ten. Colonnello GAVOTTI aveva sviluppato il suo piano e cioè creare una fortificazione in caverna che avrebbe reso il nucleo del GRAPPA imprendibile mentre avrebbe dato alle artiglierie, in essa piazzate, il dominio di tutti i contrafforti e di tutte le valli che dalle vette discendevano
verso il BRENTA, verso FELTRE e verso il PIAVE.

Nella relativa quiete del periodo invernale fu costruita quell'opera titanica che prese il nome di "Galleria VITTORIO·EMANUELE III", ma che i soldati conoscevano meglio come "Galleria GAVOTTI". Con un asse principale di oltre due chilometri essa raggiungeva, comprese tutte le sue diramazioni, lo sviluppo di circa 6000 m, eramunita di oltre 100 cannoni da 105 e da 75, di 70 nidi per mitragliatrici, di osservatori dei Comandi di Corpo d'Armata e d'Armata, di depositi viveri, munizioni ed acqua.

La galleria metteva in comunicazione protetta la parte sud del nucleo, dove affluivano le truppe per i cambi, i rinforzi ed i rifornimenti, direttamente con le linee delle fanterie impegnate sul PERTICA, nella valle dei LEBI, sul monte ROCCOLO, e con i camminamenti per il monte SOLAROLO e la PORTA SALTON. Il nemico non riusciva a rendersi conto di come gli italiani potessero far giungere in linea sempre nuove truppe e di come qualsiasi suo movimento suscitasse la immediata reazione delle artiglierie del GRAPPA. Questa opere, ciclopica, come il GA VOTTI aveva promesso al Comando Supremo, era pronta ad entrare in azione già nell'aprile 1918, dopo soli cinque mesi dall'inizio dei lavori. Nell'ultima terribile offensiva austro-ungarica del giugno 1918, quella da cui il Comando Supremo Austriaco si riprometteva lo sfacelo militare dell'ITALIA, la Galleria sparò, nella sola giornata del 15 giugno, 30.000 colpi di cannone che, assieme all'eroismo del
soldato italiano, bloccarono l'avanzata dell'agguerrito avversario.

Venne poi il 24 ottobre ed il GRAPPA tuonò nuovamente con tutti i suoi cannoni per sostenere lo sforzo della 4" Armata che, chiamata al compito sovrumano di separare l'Armata Austriaca del TRENTINO da quella del PIAVE, doveva scacciare da tutto il massiccio le pur sempre valide ed agguerrite truppe nemiche e
raggiungere il solco ARSIE' - FELTRE, attirando sul suo fronte il massimo delle riserve austriache e facilitando così il compito all'Armata Italiana di pianura che doveva contemporaneamente forzare il PIAVE.

Ma il passaggio del PIAVE non fu possibile prima del 26 - 27 ottobre per la piena del fiume; così la 4" Armata dovette proseguire da sola la battaglia, su un fronte lungo il quale il nemico aveva ormai concentrato le sue migliori truppe. Quelle truppe che, nonostante il disgregamento interno dell'Impero Austro Ungarico, resistettero tenacemente sino alla sera del 30 ottobre, contendendo il terreno, metro per metro, ai furiosi attacchi Italiani:

E fu la Vittoria! Con il ritorno alla vita civile non dimenticò il suo monte GRAPPA e negli anni venti si dedicò alla costruzione del Cimitero Monumentale che doveva raccogliere i resti dei 24.000 caduti sulla montagna sacra. La sorte non gli permise di vedere ultimata, secondo i suoi intenti, questa sua nuova patriottica impresa.

Riconoscimenti:

Sottotenente di complemento del Genio di prima nomina : giugno 1900.

Tenente cpI. g. : febbraio 1915.

Promosso da Tenente a Capitano g. Milizia Territoriale (M.T.) per merito di guerra (ALA): ottobre 1915.

Promosso da Capitano a Maggiore g. (M.T.) per merito di guerra (SABOTINO): aprile 1917.

Promosso da Maggiore  a Tenente Colonnello g. (M.T.) per merito di guerra (VODICE): settembre 1917.

Dopo la fine della Guerra il Ten. Colonnello GAVOTTI ebbe altri due meritati riconoscimenti per meriti eccezionali di guerra: la promozione da Tenente Colonnello a Colonnello e poi quella a Generale di Brigata. Accumulò, così, .ben cinque promozioni per merito di guerra con soli 42 mesi di servizio.

Fu uno dei due soli casi verificatisi nella prima guerra mondiale di Ufficiale di complemento che, per merito di guerra, divenne Ufficiale generale. Ma forse è ancora più rilevante il fatto che "l'unità combattente da lui comandata fosse l'unica a prendere il nome dal suo Comandante. Nel grado di Tenente e di Capitano comandò la 310ª compagnia g. (M.T.).

Nel grado di Maggiore e di Ten. Colonnello comandò il "Gruppo Lavoratori GAVOTTI", del 3° reggimento g. della 4ª Armata, Gruppo con forza complessiva di oltre 1000 uomini, formato dalla 310ª cp. g. (M.T.) e da numerose "Centurie di Lavoratori".

Campagne di guerra: 1915 - 1916 - 1917 - 1918 con particolare riferimento alle zone di: ALA, VERHOVLJE, SABOTINO, VODICE, KUK, SAN GABRIELE, PIA VE, MONFENERA, PONTE PRIULA, GRAPPA. Molto fu detto e molto fu scritto, all'epoca, e prima e dopo quell'epoca, sul Ten. Colonnello GAVOTTI, ormai famoso ideatore e costruttore della Galleria del GRAPPA posta a baluardo d'ITALIA, ma tutto è forse meglio riepilogato dalla successione dei riconoscimenti:

Encomio solenne del Comandante della 3ª Armata, concesso nel grado di Capitano g. (M.T.) - VERHOVLJE, agosto 1916.

Croce di Guerra, concessa nel grado di Maggiore g. (M.T.) - PIAVE,1917.

Croce di Commendatore dei 55. Michele e Giorgio d'Inghilterra, coferitagli personalmente dal Duca di CONNAUGHT, - luglio 1917.

Croce francese delle Palme di guerra, conferitagli personalmente dall'Ambasciatore francese Sig. BARRERE, - luglio 1917.

Medaglia d'Argento al Val or Militare, sul campo, concessa nel grado di Maggiore g. (M.T.) della Direzione Lavori 5" Zona della 2ª Armata - Pendici del S. GABRIELE, settembre 1917, con la motivazione: "Durante le operazioni sul SAN GABRIELE, conscio delle necessità del momento, di ogni pericolo, eseguiva una minuta ricognizione ed iniziava la costruzione di una comunicazione coperta, dandovi colla sua personale opera il massimo impulso, nonostante le perdite inflitte dall'artiglieria nemica ai reparti incaricati dei lavori."

Medaglia di Bronzo al Valor Militare, concessa nel grado di Ten. Colonnellog. (M,T.) - Monte GRAPPA, giugno 1918.

Croce di Cavaliere dell'Ordine Militare di Savoia concessa nel grado di Ten. Colonnello g. (M.T.) Comandante di Gruppo Lavoratori della 4" Armata - Monte GRAPPA dicembre 1917, luglio 1918 (RD. n. 88 del 19 set. 1918), con la motivazione: "Come già sul SABOTINO dapprima, sul VODICE e sul S. GABRIELE poi, anche sul baluardo del GRAPPA, insensibile ai disagi, sprezzante del pericolo cui era sottoposta ogni sua manifestazione e superando difficoltà d'ogni natura, animato soltanto da un alto senso del dovere e da fede illuminata, con vera opera di apostolo, sottoponendo sé e gli affezionati Lavoratori del suo Gruppo a fatiche e privazioni di ogni genere, progettava e dirigeva opere titaniche di difesa cavernata che riducevano la posizione ad un caposaldo di primo ordine, con inestimabile vantaggio per la difesa della fronte di tutta l'Armata."

EPISODI RILEVANTI:

Molti episodi della vita di guerra di Nicolò GAVOTTI sarebbero da ricordare per far conoscere con quale freddezza e serenità Egli si manifestava nei momenti critici e quale fiducia sapeva infondere nei suoi uomini:

Dal diario di Guerra di uno dei suoi ufficiali, il S. Tenente Carlo HAUTMAN; VERHOVLJE, fronte del SABOTINO, maggio 1917: "Nella baracca mensa gli ufficiali hanno appena incominciato a mangiare quando uno schianto lacerante assorda i commensali ed un fumo acre mozza il respiro. Passano nell'aria sibili rabbiosi. Balzo in piedi spostandomi, mentre attraverso una opacità grigiastra vedo la faccia del Comandante, che mi siede di fronte, contrarsi: unico segno palese in Lui della emozione del momento. Subito i suoi occhi azzurri, anche più grandi del consueto, corrono indagatori dall'uno all'altro di noi. Tutti illesi: un miracolo! Vicino a me, per terra, un largo scheggione di granata. Mi chino per raccoglierlo, ma ritiro le dita: scotta. Lo raccoglie invece il Tenente MIDULLA servendosi di una scodella a mo' di paletta. TI Comandante dà mano al fiasco e versa sullo scheggione il rosso vino toscano che frigge e fumiga. Allora ciascuno di noi afferra e porge il bicchiere, accogliendo un sorso di vino caldo, lo solleva in direzione del Comandante e beve. Credo che mai brindisi tanto straordinario sia stato fatto con più straordinario "vin brulé".

Ma ecco un fante entrare e gridare: la cucina non c'è più!  La granata l'ha presa in pieno. Usciamo: al posto del casotto della cucina accanto alla nostra
baracca (quattro metri di distanza) non c'è che una vasta buca ed un ammasso di terra sconvolta.

" PONTE PRIULA, fronte del PIAVE, 9 - lO novembre 1917. Questo ponte prese rinomanza perché fu l'ultimo ponte del PIAVE che venne fatto saltare quando, dopo l'infausta CAPORETTO, il nostro esercito si attestò sul PIAVE e sul GRAPPA. L'incarico di costituire una testa di ponte al di là del fiume e di piazzare le mine per distruggere il ponte era stato dato al Comandante GA VOTTI che, durante il ripiegamento, visto lo sfacelo della 2ª Armata alla quale il suo Gruppo apparteneva, si era aggregato volontariamente all'Armata del Duca d'AOSTA che continuando a combattere si ritirava ordinatamente.

L'ordine era di far brillare le mine e distruggere il ponte alle ore tre, ma il Comandante GAVOTTl aveva avuto notizie che al di là del fiume vi erano ancora nostre truppe che si ritiravano e, pertanto, indugiava a far accendere le micce. Questo indugio non andò a genio ad un Capitano di Stato Maggiore che era' stato  mandato ad ispezionare la linea. Nacque un diverbio fra i due ufficiali ed il Capitano dichiarò al Comandante GAVOTTl che lo avrebbe deferito alla Corte Marziale, al che questi rispose che, con o senza Corte Marziale, sino a quando egli non si fosse convinto che fra il PIAVE e le truppe austriache non vi fossero più unità italiane in ripiegamento, il ponte doveva rimanere in piedi e che la responsabilità della decisione era tutta sua.

Il Capitano ritornò al suo comando e riferì del rifiuto del Comandante GAVOTTI. Tutto un gruppo di Generali si precipitò al ponte per rendersi conto della situazione. I! Comandante GAVOTTI ebbe ripetuto l'ordine di far brillare le mine e gli venne intimato di dare spiegazioni del suo comportamento. Rispose che se i signori Generali avessero spinto lo sguardo sullo stradone verso SUSEGANA, al di là del fiume, avrebbero potuto vedere, proprio in quel momento, una colonna di nostri fanti che, con ordinato passo di marcia, stava per imboccare il ponte.

Il Tenente che comandava quel reparto riferì che lui ed i suoi uomini erano gli ultimi e che il nemico dietro di loro aveva già occupato COLLALTO. Era il battaglione di estrema retroguardia della Divisione SASSARI, seicento valorosi che l'indugio imposto dalla fermezza del Comandante GAVOTTI aveva salvato dalla cattura e,
probabilmente, dalla morte. Alle cinque, quando tutta la colonna era giunta in salvo, il ponte fu fatto saltare mentre già arrivavano le prime granate nemiche.

Cima GRAPPA, 15 giugno 1918. I giorni 15, 16 e 17 del mese di giugno 1918, furono i giorni terribili, ma gloriosi, del massiccio del GRAPPA e della Galleria che il Gruppo Lavoratori GAVOTTI aveva costruito su idea del suo Comandante. Terribili e gloriosi perché il monte GRAPPA era l'ultimo caposaldo che separava il nemico dalla PIANURA VENETA: la sua perdita sarebbe costata la perdita della PIANURA VENETA e l'austriaco avrebbe potuto prendere alle spalle le Armate
che erano schierate sul Piave.
Nella mattina del 15 il nemico, protetto da urta fitta nebbia, era riuscito ad occupare tutti i capisaldi principali della sinistra del massiccio e la Galleria non aveva più difese di fanteria. Già nella notte il Comandante GAVOTTI aveva ricevuto, per telefono, l'ordine di ritirarsi con il suo Gruppo per scendere al piano. Ma la
fiducia che il Comandante aveva nella potenza della sua opera era tale che egli non ottemperò a quell'ordine e trattenne i suoi uomini per le necessità che avrebbero potuto presentarsi durante la battaglia.

Nella mattinata la situazione si fece critica ed alle dodici pervenne l'ordine, questa volta scritto, di ritirarsi lasciando sul posto due Ufficiali pratici dei servizi della Galleria. Il Comandante rispose che l'ordine lo riguardava personalmente poiché lui era l'Ufficiale che meglio di ogni altro conosceva la sua Galleria e che
comunque doveva assicurarsi di persona che il nemico non si impossessasse della stessa, in quanto aveva predisposto le mine per far saltare quelle parti che più erano minacciate se il nemico fosse riuscito ad arrivarci.

Così anche questa volta il Comandante GAVOTTI ebbe la soddisfazione, trasgredendo ad un ordine, di poter vedere l'efficacia ed il successo della sua opera quando il nemico, nel pomeriggio, incominciò a rallentare il suo attacco ed a ritirarsi .

Le pubblicazioni:
"La guerra del mio Gruppo all'Austria" (cat. Biblioteca ISCAG 12/ A 166): 

"La guerra per ridere, i Lessini"; parte prima; Roma 1924; 

"La guerra terribile, il Sabotino"; parte seconda, libro primo; Roma 1929-,

"La guerra dolorosa, il Sabotino"; parte seconda, libro secondo; Roma 1931.

 

Fonte del materiale pubblicato: ISTITUTO STORICO E DI CULTURA DELL'ARMA DEL GENIO

 

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